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I due stati di difficoltà dell’impresa: la nuova nozione di crisi e di probabilità di crisi

A cura del Dott. Pierluca Milletti

La nuova norma del Codice ha modificato la nozione di crisi, la quale ora si identifica con lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di casa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi 12 mesi. Sono stati altresì eliminati gli indicatori di crisi. La nozione di crisi adotta sempre l’approccio di natura interna previsionale, secondo cui essa consiste nell’incapacità dei flussi di cassa di adempiere le obbligazioni, con una prospettiva temporale futura però non più di sei mesi, ma di dodici mesi, allineandosi alle indicazioni di natura contabile in tema di continuità aziendale. Questo approccio si fonda su piani di natura previsionale che espongono le dinamiche future di gestione, attraverso la comparazione tra flussi di cassa futuri e debiti, e sulla cui base si può valutare la sostenibilità futura dell’attività.

La dimensione temporale dei 12 mesi rende “irrilevanti meri scostamenti finanziari temporanei che l’impresa sia in grado di riassorbire entro l’esercizio annuale”.

Rispetto alla nozione previgente, inoltre, vengono meno i riferimenti al fatto che i flussi di cassa devono essere adeguati a soddisfare regolarmente le obbligazioni pianificate.

A questo proposito, la Relazione della Corte di Cassazione ha espresso l’opinione secondo cui: a) il venir meno al riferimento alle obbligazioni pianificate attribuisce rilievo, ai fini della valutazione della crisi, a qualsiasi tipo di obbligazione, anche inizialmente non prevista; b) la soppressione dell’avverbio regolarmente non implica che non si debba tener conto di adempimenti irregolari o caratterizzati da condizioni pregiudizievoli. Se giustamente la Relazione della Corte pone in luce come, ai fini della valutazione della crisi, rilevano le modalità ordinarie o meno di adempimento delle obbligazioni, quali sintomi della capacità della gestione ordinaria di soddisfare le obbligazioni, il rilievo delle obbligazioni inizialmente non previste merita qualche considerazione. La valutazione della sostenibilità basata su piani economico-finanziari dei flussi di cassa futuri non può che basarsi su quelle obbligazioni che, anche se non sono ancora sorte, siano pianificate alla data di riferimento del piano, nel senso che è ragionevole attendersi la loro assunzione futura nei 12 mesi in base al previsto andamento gestionale. Il venir ad esistenza di obbligazioni non pianificate introduce un profilo dinamico nella valutazione che obbligherà una modifica degli elementi di valutazione dell’adeguatezza dei flussi di cassa.

Rimane da sottolineare che questa inadeguatezza dei flussi di cassa deve essere considerato uno stato di difficoltà reversibile che può essere risanato.

Alla luce della nuova nozione di crisi, si ripropone il tema del rapporto tra la nozione di crisi e quella di continuità aziendale, che è nozione anch’essa richiamata in sede di finalità informative degli assetti organizzativi. Sicuramente l’omologazione del periodo temporale prospettico da considerare – 12 mesi – induce a ritenere che la nozione di crisi e quella di continuità aziendale si siano avvicinate. Rimangono però alcune differenze in merito agli elementi che fondano la sussistenza di tali situazioni: mentre la nozione di crisi sembra delineata dal legislatore con riferimento essenzialmente a dati di natura quantitativa, la continuità aziendale considera anche elementi qualitativi quali quelli di natura gestionale. Vi è poi chi ha espresso l’opinione per cui l’assenza di prospettive di continuità aziendale si riferisce a una situazione più grave della crisi che prospetta un’insolvenza irreversibile.

La nozione di continuità aziendale è intesa, in ambito contabile, come la capacità dell’azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito per un prevedibile arco temporale futuro, relativo a un periodo di almeno dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio (OIC 11, paragrafo 22). In base al principio di revisione ISA Italia n. 570, la valutazione della capacità dell’impresa di continuare a operare come un’entità in funzionamento comporta una valutazione, a un certo momento, sull’esito futuro di eventi o circostanze per loro natura incerti (ISA Italia n. 570, p. 5) che si basa su indicatori di natura finanziaria, gestionale o di altra natura.

Gli indicatori finanziari sono: situazione di deficit patrimoniale o di capitale circolante netto negativo; prestiti a scadenza fissa e prossimi alla scadenza senza che vi siano prospettive verosimili di rinnovo o di rimborso oppure eccessiva dipendenza da prestiti a breve termine per finanziare attività a lungo termine; indizi di cessazione del sostegno finanziario da parte dei creditori; bilanci storici o prospettici che mostrano flussi di cassa negativi; principali indici economico-finanziari negativi; consistenti perdite operative o significative perdite di valore delle attività utilizzate per generare i flussi di cassa; difficoltà nel pagamento di dividendi arretrati o discontinuità nella distribuzione di dividendi; incapacità di pagare i debiti alla scadenza; incapacità di rispettare le clausole contrattuali dei prestiti; cambiamento delle forme di pagamento concesse dai fornitori, dalla condizione “a credito” alla condizione “pagamento alla consegna”; incapacità di ottenere finanziamenti per lo sviluppo di nuovi prodotti ovvero per altri investimenti necessari.

Gli indicatori gestionali sono: intenzione della direzione di liquidare l’impresa o di cessare le attività; perdita di membri della direzione con responsabilità strategiche senza una loro sostituzione; perdita di mercati fondamentali, di clienti chiave, di contratti di distribuzione, di concessioni o di fornitori importanti; difficoltà con il personale; scarsità nell’approvvigionamento di forniture importanti; comparsa di concorrenti di grande successo.

Rientrano tra gli altri indicatori: capitale ridotto al di sotto dei limiti legali o non conformità del capitale ad altre norme di legge, come i requisiti di solvibilità o liquidità per gli istituti finanziari; procedimenti legali o regolamentari in corso che, in caso di soccombenza, possono comportare richieste di risarcimento cui l’impresa probabilmente non è in grado di far fronte; modifiche di leggi o regolamenti o delle politiche governative che si presume possano influenzare negativamente l’impresa; eventi catastrofici contro i quali non è stata stipulata una polizza assicurativa ovvero contro i quali è stata stipulata una polizza assicurativa con massimali insufficienti.

Si tratta quindi di una situazione di crisi grave dell’impresa il cui rilievo nel nostro ambito è legato al fatto che attraverso di essa possono entrare in gioco, nella valutazione dei fenomeni di difficoltà dell’impresa, anche fattori di rischio di natura gestionale che potrebbero non avere un riflesso direttamente stimabile nei flussi di cassa futuri.

Il Codice della crisi con il nuovo strumento della composizione negoziata stabilisce anche i presupposti in presenza dei quali è possibile ricorrervi, vale a dire quando l’imprenditore si trovi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rendono probabile la crisi o l’insolvenza.

Viene quindi introdotto un nuovo concetto: la probabilità di crisi (c.d. precrisi) che si caratterizza per la sussistenza di uno squilibrio (patrimoniale o economico- finanziario), ma non tale da determinare la mancata copertura delle obbligazioni dei successivi 12 mesi con i corrispondenti flussi di cassa.

Questa novità si giustifica per la necessità di porre una maggiore attenzione al profilo di prevenzione della crisi che impone un monitoraggio dell’andamento sociale (realizzato attraverso l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile) e un dovere di pianificazione degli interventi anche in una fase antecedente a quella della crisi.

 

Nel prossimo articolo parleremo del dovere dell’organo amministrativo di istituire gli adeguati assetti. Nel precedente articolo abbiamo parlato dell’evoluzione dei doveri degli organi sociali davanti alla crisi dal d.lgs 14/2019 al d.lgs. 83/2022.