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Il dovere dell’organo amministrativo di istituire gli assetti adeguati

A cura del Dott. Pierluca Milletti

Il perno delle regole per la rilevazione tempestiva e per la corretta gestione delle situazioni di crisi dell’impresa è costituito dagli obblighi imposti agli amministratori delle società di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato anche ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e della perdita di continuità aziendale; di assumere le idonee iniziative per superare la crisi e recuperare la continuità aziendale. Questi obblighi riguardano tutte le società di capitali, anche quotate.

Per quanto riguarda l’obbligo di istituire assetti organizzativi adeguati, nelle S.p.a., la regola di riferimento è posta dall’art. 2381 c.c. secondo cui, mentre gli organi delegati curano che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, il consiglio di amministrazione ne valuta l’adeguatezza. È l’organo delegato quindi che appronta la configurazione del modello e ne verifica il concreto funzionamento, intervenendo quando riscontri profili di inefficienza o inadeguatezza. Spetta al consiglio di amministrazione il potere di ripercorrere il giudizio dell’organo delegato, entrando nel merito delle scelte effettuate ed esercitando eventualmente il suo potere di impartire direttive. Qualora vi sia un consiglio ma non vi siano deleghe di funzioni oppure in caso di amministratore unico, il compito di configurare il modello e verificarne il concreto funzionamento spetta al plenum o all’amministratore unico (senza che residui una competenza di valutazione distinta dalla cura del modello).

Significative novità sono invece introdotte dal Codice della crisi sotto il profilo delle funzioni informative che l’assetto è chiamato a soddisfare, e che dovranno essere poste alla base della sua concreta configurazione. Il d. lgs. n. 83/2022 integra infatti il Codice specificando gli obiettivi informativi che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile deve garantire per una rilevazione tempestiva della crisi.

In particolare, gli assetti devono consentire di:

a) rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta;

b) verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i 12 mesi successivi;

c) rilevare una serie di situazioni debitorie significative;

d) ottenere le informazioni per il test di verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento in sede di composizione negoziata (ex art. 13, comma 2, del Codice della crisi).

Costituiscono situazioni debitorie significative:

a) l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno 30 giorni e pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;

b) l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno 90 giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;

c) l’esistenza di esposizioni nei confronti di banche e intermediari finanziari che siano scadute da più di 60 giorni o che abbiano superato da almeno 60 giorni il limite degli affidamenti ottenuti purché rappresentino complessivamente almeno il 5% del totale delle esposizioni;

d) l’esistenza di crediti nei confronti di soggetti pubblici qualificati ai sensi dell’art. 25-novies del codice della crisi.

È appena il caso di sottolineare come queste situazioni debitorie significative non costituiscono autonomi indici della sussistenza di una situazione di crisi ma sono individuate quali elementi informativi specifici che si devono poter ottenere dagli assetti.

Essi devono essere valutati, al fine di verificare la sussistenza di una condizione di crisi, all’interno della più generale situazione della società.

Il novero di informazioni che devono essere ricavate dagli assetti per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento in sede di composizione negoziata della crisi comprende, tra l’altro: l’entità del debito e i flussi annui al servizio del debito che l’impresa genera; la situazione debitoria; la situazione dei crediti commerciali; le rimanenze di magazzino; le passività potenziali; le proiezioni dei flussi finanziari (stima di ricavi, costi variabili, costi fissi, investimenti, ecc.).

L’obbligo di istituire un assetto organizzativo adeguato costituisce sempre un obbligo specifico a contenuto aperto. Questo significa che gli amministratori si muovono all’interno di uno spazio di discrezionalità che poggia sui risultati della scienza aziendalistica, tenendo però conto di specifici obiettivi informativi che gli assetti devono realizzare.

In linea generale, la configurazione di un assetto organizzativo si basa sulla procedimentalizzazione delle varie fasi dell’attività d’impresa, che si realizza attraverso la creazione di un organigramma, la formalizzazione delle procedure e la predisposizione di un sistema di rilevazione contabile. Costituisce parte integrante dell’assetto organizzativo anche il sistema di controllo interno e gestione dei rischi, il quale è volto a identificare, misurare, gestire e monitorare i principali rischi. La visione prospettica che esso deve assumere al fine di prevenire le situazioni di crisi dell’impresa implica l’attenzione che deve essere rivolta alla pianificazione finanziaria attraverso i bilanci di previsione e i connessi sistemi di raccolta dati che consentano di verificarne con tempestività gli scostamenti. Un ultimo elemento da considerare riguarda l’articolazione di un idoneo flusso informativo non solo tra organi sociali (amministratori delegati, consiglio di amministrazione, collegio sindacale e revisore), ma anche tra uffici e organi e, nell’ambito dei gruppi, tra organi delle varie società che lo compongono.

Rispetto a questi profili generali, l’adeguatezza degli assetti è da valutare sotto due profili:

  • come capacità di intercettare preventivamente le situazioni di difficoltà rilevanti
  • come proporzionalità rispetto alle caratteristiche dell’impresa.

 

Sotto il primo profilo (capacità di intercettare le situazioni di difficoltà), gli obiettivi informativi che gli assetti organizzativi devono soddisfare attribuiscono rilievo a una gamma ampia di situazioni di difficoltà dell’impresa che comprendono non solo le situazioni di crisi ma anche quelle di probabilità di crisi (gli squilibri patrimoniali, economici o finanziari), le prospettive di continuità aziendale così come più in generale i dati consuntivi e previsionali da utilizzare nel test per la composizione negoziata. In via di sintesi, il complesso di mezzi e strumenti di cui si compongono gli assetti organizzativi devono consentire un monitoraggio dell’andamento aziendale, che renda edotti gli amministratori di tutte quelle situazioni che potrebbero giustificare un loro intervento per la prevenzione o il superamento della crisi, nonché permettere di disporre dei dati idonei per formulare un piano di risanamento.

Sotto il secondo profilo (proporzionalità rispetto alle caratteristiche dell’impresa), l’adeguatezza deve anche rispondere a un giudizio concreto degli amministratori sul livello di organizzazione da raggiungere alla luce della dimensione dell’impresa, della sua complessità e della natura delle attività esercitate. Le scelte gestorie, anche in campo organizzativo, sono assunte sulla base di un equilibrio tra costi e benefici.

L’individuazione degli obiettivi informativi che si devono realizzare attraverso l’assetto organizzativo sembra porre anche la base minima da rispettare in sede di configurazione dell’assetto stesso. Pur quindi all’interno di un criterio di proporzionalità in relazione alle caratteristiche dell’impresa, i mezzi e gli strumenti di cui si viene a comporre l’assetto devono sostanziare un sistema di controllo di gestione che consenta un’adeguata visibilità prospettica dei flussi di cassa e dei debiti. Nei primi commenti delle nuove norme emerge che le procedure adeguate dovrebbero riguardare almeno: “l’individuazione di funzioni, compiti e linee di responsabilità, l’esercizio effettivo nell’attività decisionale da parte dei soggetti preposti, la completezza, tempestività, attendibilità ed efficacia dei flussi informativi generati, l’esistenza l’aggiornamento e la diffusione effettiva delle direttive e delle procedure aziendali, la gestione dei rischi e del sistema di controllo, la verifica dell’adeguata competenza del personale preposto alle diverse funzioni, ivi inclusi i consiglieri di amministrazione, la redazione di report trimestrali da parte degli amministratori, previsioni di tesoreria a dodici mesi”.

Nell’indicare concretamente quali potrebbero essere le linee strutturali dell’assetto è possibile prendere a riferimento l’assetto organizzativo predisposto dalle società quotate quale best practice di riferimento e punto più alto di definizione e complessità. Si tratta infatti di società soggette a norme imperative e prassi di riferimento che impattano anche sull’organizzazione aziendale (si pensi, ad esempio, alle attestazioni del dirigente In merito ai flussi informativi verso gli organi sociali (consiglio di amministrazione e collegio sindacale) o comitati endoconsiliari (quali il comitato controllo e rischi ove costituiti), la prassi delle società quotate sembra orientata su una pluralità di documenti con vari obiettivi informativi.

La rappresentazione di informazioni e la presentazione di documentazione, a cadenza tendenzialmente annuale, riguarda l’illustrazione delle caratteristiche dell’assetto organizzativo in termini di presidi di controllo – con particolare riguardo al sistema di controllo interno e gestione dei rischi -, sistemi informatici utilizzati per il reporting, flussi informativi e punti di attenzione, metriche, gestione rischi finanziari e operativi. Tale flusso informativo tipicamente supporta la valutazione annuale sull’adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili. La presentazione di una relazione, con cadenza almeno semestrale (che può essere trimestrale per quelle società che pubblicano, in via volontaria, informazioni finanziarie periodiche trimestrali), dei dati economico finanziari di consuntivo e dei dati previsionali. Completano i flussi informativi verso gli organi di amministrazione controllo, la presentazione di piani di budget e di piani pluriennali.

È appena il caso di rilevare che l’insorgenza di uno stato di crisi potrebbe giustificare una modifica della cadenza temporale dei documenti da presentare.

Per quanto riguarda la rilevazione dei segnali speciali di risultanze debitorie significative (ai sensi dell’art. 3, comma 4, del Codice della crisi), è da ritenere che la norma in tema di assetti imponga solo che tali elementi informativi possano essere ricavati dall’assetto organizzativo, ma non sembra stabilire anche una particolare formalizzazione nei flussi informativi della (in)sussistenza degli stessi. Potrebbe però rispondere a criteri di prudenza l’indicazione nei documenti presentati agli organi sociali semestralmente che i segnali debitori sono o non sono presenti.

Uno specifico problema riguarda i flussi informativi verso i sindaci e in particolare se la disciplina in esame imponga l’invio di report mensili di liquidità ai sindaci.

È anzitutto da sottolineare come l’eliminazione dell’istituto dell’allerta dal Codice della crisi implica che è venuto meno l’obbligo specifico per i sindaci di verificare che l’organo amministrativo valuti costantemente se sussiste l’equilibrio economico- finanziario e quale sia il prevedibile andamento della gestione. Di conseguenza, le funzioni dei sindaci, anche con riferimento ai profili di sussistenza di situazioni di difficoltà economica rilevanti ai sensi dell’ordinamento (pre-crisi, crisi e insolvenza), nonché i connessi poteri informativi, devono essere ricondotti nell’alveo dei principi generali previsti dall’art. 2403 cc, per le società non quotate, e dall’art. 149 TUF, per le società quotate. In tale contesto, la vigilanza dei sindaci rispetto alle situazioni di difficoltà economica dell’impresa è quella del rispetto dei criteri di corretta amministrazione. L’unica particolarità introdotta dal Codice della crisi riguarda l’obbligo, in capo ai sindaci, di segnalare, in modo tempestivo, la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di composizione negoziata. Esso però non impone di per sé uno specifico obbligo informativo a favore dei sindaci. Il tema diventa quindi quello, all’interno della configurazione di un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile, di prevedere un adeguato flusso informativo verso il collegio sindacale.

Ora il primario organo sociale cui spetta monitorare il prevedibile andamento gestionale e il connesso equilibrio finanziario è l’organo amministrativo. Ecco che la scansione temporale delle informazioni previsionali a favore dei sindaci non potranno che essere quelle delineate anche per il consiglio di amministrazione. Si tenga conto che il collegio sindacale partecipa alle riunioni dell’organo amministrativo, acquisendo in tali sedi le medesime informazioni del consiglio. Non vi è spazio in altre parole per un set informativo speciale per i sindaci diverso da quello previsto per il consiglio di amministrazione che, per le società quotate, si realizza tramite l’articolato sistema di flussi informativi illustrati nel paragrafo precedente.

In tale contesto, non trova posto un’informativa mensile di liquidità che non viene considerata uno strumento operativo di gestione utile.

Una cadenza temporale più ravvicinata e riferita alla liquidità potrebbe forse trovare una sua giustificazione non tanto nelle situazioni ordinarie ma quando la società si trova in uno stato di crisi.

 

Nel prossimo articolo parleremo delle situazioni di precrisi e crisi nei gruppi. Nel precedente articolo abbiamo parlato dei due stati di difficoltà dell’impresa: la nuova nozione di crisi e di probabilità di crisi.