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Le situazioni di precrisi e crisi nei gruppi

A cura del Dott. Pierluca Milletti

Alcune specifiche annotazioni merita il fenomeno della prevenzione e gestione delle situazioni di pre-crisi e crisi nelle società soggette a direzione e coordinamento con particolare riferimento all’adeguatezza degli assetti e ai doveri di comportamento degli amministratori.

La dottrina sembra attestata sull’idea che la presenza di sintomi di crisi o di insolvenza di una società, soggetta alla direzione e coordinamento di un’altra società, imponga, alla società titolare del potere di direzione e coordinamento, il dovere di porre in essere una serie di comportamenti, al fine di rispettare i principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale, ai sensi dell’art. 2497 cc.

In particolare, la società capogruppo, in presenza di uno stato di crisi, dovrebbe:

  1. provvedere a risanare la controllata oppure;
  2. promuovere l’adozione di un piano di risanamento oppure ancora;
  3. disporre la liquidazione.

 

Alla luce della bipartizione sopra indicata (secondo cui la prevenzione e gestione della crisi si articola in due obblighi, quello di istituzione degli assetti e quello di adozione delle misure di reazione), è da ritenere che, nel caso di gruppi di imprese in cui sia presente anche una situazione di direzione e coordinamento, gli assetti siano adeguati quando prevedano anche un flusso informativo ascendente verso la società titolare del potere di direzione e coordinamento. Solo un adeguato flusso informativo consente alla capogruppo di esercitare correttamente i propri poteri/doveri di intervento nel caso di crisi. Per quanto riguarda poi la sussistenza delle situazioni di precrisi e crisi e la connessa adozione delle misure di reazione, il dubbio che si pone è se la verifica della sussistenza delle fattispecie di probabilità di crisi o di probabilità di insolvenza sia da valutare con riferimento alla società intesa in senso atomistico oppure debba considerarsi il più ampio contesto imprenditoriale in cui si collocano.

Se pure, sotto il profilo formale, le norme sulla nozione di crisi e di precrisi, sembrano guardare alla società in un’ottica puramente atomistica, quello che è certo è che gli accordi di gruppo, e in particolare l’accesso alle forme di gestione accentrata di tesoreria, gli eventuali accordi di supporto finanziario deliberati dalla capogruppo in favore delle proprie controllate, nonché l’emanazione di apposite direttive – attraverso le quali si attua l’esercizio della direzione unitaria – aventi ad oggetto, per esempio, le attività di reportistica periodica collegate alle procedure interne di chiusura del bilancio, potrebbero rappresentare strumenti e presidi in grado di monitorare costantemente e neutralizzare di fatto le situazioni di squilibrio o possibile inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici.

Questo porta a ritenere che il verificarsi di uno squilibrio economico-patrimoniale o l’inadeguatezza dei flussi di cassa, deve essere sicuramente oggetto di attenzione da parte della società titolare del potere di direzione e coordinamento ma non impone l’obbligo di adozione di nessuna specifica misura, tranne le ipotesi in cui sia la capogruppo stessa che, in via volontaria, intenda liquidare la società o adottare altre misure.

Sul tema, una dottrina molto autorevole, di recente, ha sottolineato come alla luce delle soluzioni offerte dal Codice della crisi in ambito di gruppo – composizione negoziata di gruppo e disciplina del concordato di gruppo –, che rappresentano tra le novità più significative, il gruppo diventa protagonista del Codice e si valorizza la direzione e coordinamento come fattore essenziale nella gestione della crisi. Questo ambito apre la via ad interessanti evoluzioni per la prevenzione e la gestione della crisi dell’impresa.

 

Nel prossimo articolo parleremo della responsabilità degli amministratori per l’istituzione di assetti non adeguati e l’adozione i misure non efficaci. Nel precedente articolo abbiamo parlato del dovere dell’organo amministrativo di istituire gli assetti adeguati.